La Carica di Pastrengo
All'atto della dichiarazione di guerra viene disposta la mobilitazione di 434 carabinieri a cavallo ordinati su tre squadroni (ciascuno di 90 uomini circa) e tre mezzi squadroni (50 uomini circa).
I tre squadroni di guerra costituiscono un corpo di cavalleria di riserva al servizio diretto dei re, con la possibilità di essere impiegati in azioni di cavalleria vera e propria.
I tre mezzi squadroni sono assegnati: al primo corpo d'armata del generale Eusebio Bava, al secondo corpo d'armata del generale Ettore Gerbaix de Sonnaz ed alla divisione di riserva comandata dal duca di Savoia, Vittorio Emanuele.
I carabinieri mobilitati sono agli ordini del conte Avogadro di Valdenga, mentre il maggiore Alessandro Negri di Sanfront comanda i tre squadroni.
L'attività dei carabinieri a cavallo è subito intensa, Bisogna radunare al più presto i soldati sbandati, ancora alla ricerca del loro reparto, guidare e districare i carriaggi di rifornimenti che ingombrano le strade, fissare le stazioni a cavallo.
In una parola occorre rimediare, per quanto possibile, alle gravi inefficienze del dispositivo di mobilitazione e come se non bastasse, la scorta all'augusto sovrano (altro incarico specifico svolto dai carabinieri a cavallo) comporta problemi enormi considerando, oltretutto che, anche ai giorni nostri, i compiti di scorta non sono facili, a meno che il personaggio da proteggere non riveli le necessarie doti di prudenza e non sia perfettamente consapevole delle regole di difesa e sicurezza personale.
Il ruolo diventa estremamente delicato quando il personaggio si crede autorizzato a fare quel che gli salta in testa in virtù del proprio rango e nel caso di Carlo Alberto, non si trattava tanto di un capriccio personale, quanto di un chiaro conflitto culturale tra due ruoli:
Carlo Alberto, anche per il desiderio di controllare direttamente la situazione, credeva fosse un suo dovere mostrarsi coraggioso e a chi saggiamente gli faceva notare che si trattava di un'imprudenza rispose: «Ho meco uno squadrone di carabinieri».
Tre di quegli squadroni gli salveranno la vita e risulteranno determinanti per le sorti di una battaglia.
Benché trincerato nel Quadrilatere, Radetzky non rinuncia a contrastare l'avanzata italiana a Pastrengo (30 aprile 1848) e vi schiera la divisione Wocher con le sue tre brigate Wohlgemuth, Arciduca Sigismondo e Turn und Taxis.
Gli italiani sviluppano una brillante manovra su tre colonne convergenti alle spalle della posizione austriaca ma alcuni inconvenienti rischiano però di vanificare il lavoro accurato dello stato maggiore: è domenica e l'attacco deve essere rinviato alle 11 perché il re va a messa; come se non bastasse, il terreno collinare e inesplorato rallenta l'avanzata della brigata Savoia.
La crisi si produce al centro dello schieramento piemontese dove la brigata Cuneo incontra il terreno paludoso del torrente Tiene e viene inchiodata dal tiro di un reparto di agili cacciatori tirolesi.
Il re tempesta di ordini la brigata ed alla fine si reca sul posto per sbrogliare la situazione ed è con la sua presenza e il determinante tiro di una batteria di cannoni campali che la brigata Cuneo riprende il movimento ed il re decide di andare sul vicino colle di Valena per osservare meglio.
Un drappello di carabinieri lo precede a breve distanza per controllare se vi siano dei nemici.
D'improvviso, una scarica di fucileria sparati a bruciapelo oltre la collina dagli austriaci Lo stesso re è in pericolo e il maggiore Negri di Sanfront ordina la carica per salvarlo.
Al suo comando duecentottanta cavalieri si precipitano al galoppo verso la ripida collina delle Bionde in mezzo alla grandine di proiettili nemici.
Una nera ondata monta inarrestabile in un turbinio di zoccoli, criniere e sciabole contro la linea bianca di fanti e neella mischia la bianca schiera degli austriaci non tiene: nel fronte nemico si produce la frattura.
A questo punto si verifica un fatto non raro nelle battaglie di un tempo, combattute, a differenza di quanto è accaduto dalla prima guerra mondiale in poi, in un fazzoletto di terra. Tutto avviene sotto gli occhi di tutti e l'esempio risulta terribilmente contagioso sia per il vincitore che per il perdente.
Alla vista dello sfondamento, il morale dei piemontesi sale alle stelle, mentre gli austriaci, pur tentando di ritirarsi ordinatamente e con tenacia, non riescono a resistere.
Le sorti della battaglia sono decise.
Nell'ordine del giorno del 2 maggio viene citata la carica, ma i riconoscimenti per la brillante azione improvvisata dei carabinieri non saranno specifici.
Il maggiore Negri di Sanfront verrà decorato con l'ordine dei santi Maurizio e Lazzaro e una medaglia d'argento (29 giugno e 31 agosto) solo per il contegno a l'abilità tenuti durante tutta la campagna.
Lo stesso vale per i tre comandanti di squadrone, mentre la medaglia d'argento alla bandiera del Corpo arriverà soltanto il 17 giugno 1909.
Come mai? Probabilmente la percezione del momento fu quella di una carica come tante altre (come testimoniato da una lettera di un capitano che comandava uno squadrone), causata da una sgradevole sorpresa austriaca al servizio di scorta.
Una dimostrazione in più che non basta essere testimoni diretti di un evento per capirne la portata.
Pastrengo fu una luminosa pagina di valore: e la carica dei carabinieri fu decisiva nel determinare l'esito della battaglia.
MEDAGLIA VALORE CARABINIERI PASTRENGO
tale omissione venne posto riparo con la concessione alla Bandiera dell'Arina della Medaglia d'Argento al Valor Militare, avvenuta con R.D. 17 giugno 1909 su proposta del Ministro della Guerra tenente generale Paolo Spingardi, che il giorno 7 dello stesso mese aveva accompagnato il testo del decreto con la seguente relazione:
Sire, il 30 Aprile 1848, sulle alture di Pastrengo, mentre incerte pendevano le sorti della battaglia, ed in grave frangente versava la vita stessa del Re Carlo Alberto, una colonna di tre squadroni di Carabinieri, agli ordini del Maggiore Alessandro Negri Conte di Sanfront, costituenti la fida scorta dei Sovrano, si lanciava a vigorosa carica, in stretta ordinanza, ed irrompeva sul nemico con impeto irresistibile ed intrepidezza rara, precipitando la crisi del combattimento, e contribuendo efficacemente alla Vittoria dell'Esercito Sardo.
Ricostruire nell'assoluta verità storica quella splendida azione di guerra, che ben a diritto i Carabinieri ascrivono a lor fulgida gloria, e rivendicarne tutta l'importanza e l'efficienza nel successo della memorabile giornata, fu cura del Comando Generale dell'Arma; ed evocare, oggi solennemente la memoria di quell'epico fatto che, consacrato negli aurei fasti militari e celebrato nella inspirata poesia Nazionale, si tramanderà lungamente, à compito che il riferente si assume, quale atto di doverosa e singolare onoranza all'Arma, cui religione sono il dovere e l'eroismo ( .. ).
In tale pensiero e confortato dal concorde parere dell'ufficio storico Presso il comando del corpo di Stato Maggiore, e della Commissione delle ricompense al valor militare, il riferente si onora proporre a V.M. di voler decretare, oggi, alla bandiera della Legione Allievi Carabinieri, che è la bandiera dell'Arma, la medaglia d'argento al valor militare, a memoria imperitura della carica di Pastrengo.
Il riferente nutre fiducia che vorrà la M. V. accogliere le sue proposte, ed a tal uopo ha l'onore di rassegnarLe lo schema del R. Decreto relativo, perché, ove Le piaccia, possa munirlo dell'Augusta Sua firma.
A soli tre giorni dalla firma del decreto, Vittorio Emanuele III volle appuntare personalmente la decorazione alla Bandiera, dinanzi ai reparti della Legione Allievi Carabinieri, schierati in armi.