Vittorio Emanuele I
Soprannominato "il tenacissimo", fu duca di Savoia, Piemonte e
Aosta, e re di Sardegna dal 1802 al 1821.
Secondo figlio di re Vittorio Amedeo III e di Maria Antonietta
di Spagna, Vittorio Emanuele era conosciuto alla nascita come
duca d'Aosta e educato, insieme con i fratelli, dall'abate
Rambaudi di Bra e dal padre Giacinto Gerdil, poi cardinale,
insieme con i fratelli che furono poi sempre ossequienti alla
religione e al Papa, ma non tornarono indietro nei diritti
acquisiti in materia ecclesiastica.
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Vittorio Emanuele I |
Il 21 aprile 1789 sposò Maria Teresa d'Austria-Este
(1773-1832), figlia di Ferdinando, duca di Modena (che era
figlio dell'imperatore Francesco I) ed ebbe sette figli: Maria
Beatrice Vittoria (1793–1840), sposò Francesco IV, arciduca
d'Austria e duca di Modena ; Maria Adelaide (1794-1802), Carlo
Emanuele (1796–1799) morì di vaiolo. una figlia (1800-1801);
Maria Anna (1803–1884), sposò Ferdinando I d'Austria ; Maria
Teresa (1803-1879), sposò il duca Carlo II, duca di Parma
(1799-1883) ; Maria Cristina (1812–1836), sposò Ferdinando II di
Napoli che fu proclamata Venerabile il 9 luglio 1859 dal Papa
Pio IX.
Ma né lui né i suoi due fratelli ebbero figli maschi (l'unico
morì a due anni) e con loro si estinse la dinastia e il regno
sarebbe prima o poi passato a Carlo Alberto, del ramo cadetto
dei Savoia - Carignano, i cui genitori si erano compromessi con
la rivoluzione e lo avevano convinto ad arruolarsi nelle file di
Napoleone.
Vittorio Emanuele, che aveva scartato il
genero Francesco IV di Modena perché troppo vicino all'Austria,
sottrasse Carlo Alberto alla sua famiglia e ordinò che venisse
"rieducato" per prepararlo al suo destino.
Partecipò attivamente alla guerra contro i rivoluzionari
francesi del 1793 in Savoia e nel 1799 si rifugiò in Sardegna
(unica parte dei suoi domini che non era stata conquistata dai
francesi) con la famiglia reale e nel 1802 succedette come re di
Sardegna a suo fratello, Carlo Emanuele IV, dopo l'abdicazione
di quest'ultimo.
Fu proprio durante l'esilio a Cagliari che istituì il corpo dei
Carabinieri Reali, un corpo scelto, elegante e istruito, che
doveva rappresentare la fedeltà al Re e la forza dello Stato, un
corpo speciale che ebbe successo e, sia pure con alterne
vicende, seppe trovare un ruolo nella società ed essere un punto
di incontro tra stato e cittadini.
A Torino i Carabinieri furono subito soprannominati "caramba", "caruba",
"piumass", "fratelli branca" (dal dialetto branché, prendere) e
"ancuso" (incudini).
Nemico assoluto di Napoleone, non cedette
mai, non accettò nessun compromesso e non ritornò in Piemonte
fino alla sua sconfitta del maggio 1814 e con il congresso di
Vienna e la restaurazione riacquistò il dominio dei suoi
territori, con l'aggiunta di quelli dell'ex Repubblica di
Genova, che divenne sede della marina e Vittorio Emanuele, che
non sempre nascondeva la sua opposizione all'Austria, avrebbe
voluto anche la Lombardia.
Restaurò un soffocante regime assolutistico: abrogò i codici
napoleonici, rimise in vigore la legislazione vigente prima
della rivoluzione, rifiutò di concedere una costituzione, affidò
l'istruzione al clero, ristabilì le discriminazioni nei
confronti di ebrei e valdesi.
Fu soprannominato "re delle marmotte" perché disse di aver
dormito dal 1792 al 1814, per tutto il periodo trascorso tra la
rivoluzione francese e il congresso di Vienna.
Nel 1815 istituì il
ministero della marina.
Dopo la morte del fratello Carlo Emanuele nel
1819, divenne anche il pretendente giacobita al trono britannico
(con il nome di Vittorio I), anche se, come il fratello, non
fece mai rivendicazioni pubbliche o private in merito.
Nel marzo 1821 esplose la rivoluzione liberale, in larga parte
opera dei carbonari: pochi mesi dopo Vittorio Emanuele abdicò in
favore di suo fratello Carlo Felice per non dover dare la
costituzione agli studenti e agli ufficiali insorti a Torino e
Alessandria.
Dal momento che Carlo Felice era a Modena in visita e Vittorio
Emanuele non intendeva rimanere a Torino, affidò la reggenza al
fratello Carlo Alberto.
Andò in esilio a Nizza, poi a Lucca e quindi a Modena, donde
ritornò nel 1822 nel Castello di Moncalieri, dove morì il 10
gennaio 1824 e sepolto nella basilica di Superga. |