Paolo Caccia Dominioni
.Nasce a Nerviano, in provincia di Milano, il 14 maggio 1896 da
Carlo, regio Ministro Plenipotenziario e Bianca Cusani
Confalonieri.
La carriera diplomatica del padre lo portò
ben presto in paesi stranieri, Francia, Tunisia,
Austria-Ungheria, dove il giovane Paolo cominciò a costruire, e
via via ad arricchire, il proprio bagaglio linguistico, tedesco,
francese, inglese, arabo.
La dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria
del 24 maggio 1915,coglie P.C. Dominioni a Palermo, studente
nella locale facoltà di ingegneria e il giorno dopo il ragazzo
si arruola volontario, a 19 anni.
Nel novembre del 1915 viene inviato a Torino
alla Accademia di Artiglieria e Genio, al corso Allievi
Ufficiali di complemento.
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Col. Paolo Caccia Dominioni |
Per il suo comportamento durante gli anni
della Grande Guerra gli verrà concessa la Medaglia di Bronzo al
V.M.
Il 3 aprile 1919, rimpatriato, riprenderà in
Italia gli studi interrotti dalla guerra e verrà definitivamente
congedato il 16 febbraio 1920.
Il 10 dicembre 1931 Paolo Caccia Dominioni
viene richiamato alle armi (Genio) e destinato a Tripoli, al
R.C.T.Coloniali.
Nella primavera del 1935 l'Esercito Italiano mobilita le unità
da destinare alle operazioni per la conquista dell'Etiopia e le
fa affluire nelle due colonie della Somalia e dell'Eritrea, basi
di partenza per l'attacco all'Etiopia.
Il Cap. Sillavengo, che lavora a Beirut,
viene richiamato, destinazione la stessa Eritrea. Il Dominioni
entra a far parte quindi dello spionaggio nella “rete
informativa K, con il nominatovo agente K2” sino al 20 ottobre
1935, dieci giorni dopo l'inizio delle ostilità contro
l'Etiopia.
Rientrato ad Asmara, al Cap. Sillavengo viene affidato un nuovo
compito: costituire una pattuglia informativa composta da
"ascari" che parlino arabo, tigrino ed amarico, destinata a
muovere in testa alle colonne in avanzata (colonna Starace),
riconoscere il terreno, contattare gli abitanti per trarne
informazioni ed individuare gli itinerari da seguire per Gondar
e Lago Tana. Sillavengo la chiamerà la "Pattuglia Astrale".
Il 31 luglio rientrerà il Italia per essere nuovamente posto in
congedo. Per l'azione svolta con la "colonna Starace" gli verrà
concessa la Croce al V.M..
Nella campagna d'Africa ha però conquistato un'altra,
entusiasmante esperienza: il contatto con le truppe coloniali
eritree e con i loro ufficiali nazionali.
E' rimasto profondamente impressionato, quasi
affascinato, da quell'ambiente fatto di indefettibile fedeltà
all'onore militare, di alto senso del dovere, di grande dignità
e di altrettanto grande coraggio e spirito di sacrificio, che
contraddistinguono quegli uomini eccezionali.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale l'ingegner Sillavengo
è ad Ankara, dal 1939 dirige i lavori di costruzione della nuova
Ambasciata d'Italia in Turchia, da lui progettata. Richiamato
alle armi, nel gennaio 1941 prende servizio al S.I.M. (Sevizio
Segreto).
Sillavengo non è più un ragazzo, ha 46 anni suonati è maggiore e
nella sua vita errabonda ha conosciuto molti aspetti dei Paesi
stranieri con cui ora l'Italia è in guerra, e ne ha potuto
valutare il potenziale e le capacità economiche ed industriali.
Conosce certo bene anche i nostri limiti strategici ed ha quindi
tutti gli elementi di valutazione per comprendere che sarà molto
difficile vincere la guerra.
Alla fine di giugno (42) giunge al Maggiore Sillavengo un'altra
inattesa destinazione: Africa Settentrionale, quale Comandante
del XXXI Guastatori che ha perso in combattimento il proprio
Comandante.
Il Maggiore Sillavengo è l'uomo giusto al posto giusto: parla
perfettamente il tedesco, la lingua dell'alleato; usa
correntemente inglese e francese, lingue dell'avversario;
conosce e parla l'arabo, lingua usata dagli Egiziani.
Gli obiettivi del Regio Esercito Italiano (Alessandria, Suez, il
Nilo, il Cairo) gli sono familiari per avervi vissuto lunghi
anni tanto che il 14 agosto 1942 il Maggiore è convocato dal
Feldmaresciallo Rommel che, tra l'altro, gli dice: "se sono bene
informato Lei è ingegnere e conosce bene il Nilo per avervi
vissuto molti anni. Quando vi arriveremo Lei si occuperà del
forzamento del fiume....".
Per l’opera svolta il Maggiore Sillavengo verrà decorato di
Medaglia d'Argento al V. M.
Dopo il 9 Settembre 1943 il Maggiore Sillavengo, travolto da
eventi che sfuggono a qualsiasi controllo, riesce a raggiungere
fortunosamente Nerviano e vi rimane qualche tempo in attesa che
la situazione si chiarisca e che si possa decidere il da farsi.
Viene sollecitato da più parti, sia a rientrare in servizio nel
costituendo Esercito del Nord, a fianco della Germania, sia ad
aderire ai primi movimenti di resistenza contro fascisti e
tedeschi, che stanno prendendo piede tra la popolazione. E
decide per la seconda soluzione, per cui, alla fine di gennaio
del 1944, entra a far parte della 106a "Brigata Partigiana
Garibaldi
l'11 luglio la Guarda Nazionale Repubblicana (G.N.R.) lo
arresta, ad Arona e consegnato alle SS tedesche e rinchiuso
nelle Carceri Nuove di Torino.
Si salverà solo rivelando la propria identità di ufficiale in
Africa Settentrionale, decorato da Rommel.
I tedeschi si accertano, constatano la verità delle
dichiarazioni e lo rilasciano, il 16 agosto, ammonendolo però a
non farsi ricatturare dalla G.N.R..
Alla fine di marzo accetta l'incarico di Capo di Stato Maggiore
del Comando Regionale Lombardo del C. V. della Libertà ed in
tale posizione vive le giornate dell'insurrezione del 25 aprile.
Per la partecipazione ai mesi della Resistenza gli verrà
concessa la Medaglia di Bronzo al V.M.
Nel 1949 lo convoca il Console d'Italia Alfredo Nuccio, suo
antico commilitone nella 1a G.M., per dirgli che era giunto il
momento di pensare seriamente alla sistemazione dei Caduti
Italiani che erano ancora dispersi tra le sabbie.
Gli viene anche affidato il compito di progettare e di eseguire
la costruzione del Sacrario di Ad Alamein.
Le statistiche ufficiali affermano che in terra egiziana, sono
caduti 5.920 soldati italiani ma le salme reperite sono state
4.825; delle quali 11 successivamente rimpatriate e 4.814
tumulate nel sacrario di Alamein
. Di esse 2.465 hanno un nome, 2.349
rimarranno ignote per sempre, note solo a Dio.
L'impegno del Comandante del XXXI, del guastatore Chiodini e dei
loro collaboratori beduini si sintetizza in 360.000 km di
ricognizione nel deserto, di cui più di 100.000 in zone minate,
con feriti e caduti; in oltre 1.500 salme recuperate dai campi
di battaglia e in circa 1.000 caduti senza nome identificati.
Tanta dedizione non è bastata per portare a compimento la grande
opera pietosa: le spoglie di 1.095 soldati non sono state
ritrovate e rimarranno "disperse" in eterno. Anch’essi parte
dell'eroica "legione d'anime rimasta a presidio del deserto".
Grazie alla sua opera, le oltre 1500 salme italiane disperse nel
deserto, unitamente a più di 300 di altra nazionalità, venivano
ritrovate e altre 1000, rimaste senza nome, venivano
identificate e restituite, con le prime, al ricordo, alla pietà
ed all'affetto dei loro cari. Inoltre, 4814 caduti riposano oggi
nel Sacrario Militare Italiano di El Alamein, da lui progettato
e costruito, a tramandarne le gesta ed il ricordo alle
generazioni che seguiranno.
Verrà insignito della Medaglia d'Oro al Valore dell'Esercito
alla memoria con la seguente motivazione:
"Già comandante del
31° Battaglione guastatori del Genio nelle battaglie di El
Alamein, dopo la fine della 2^ Guerra Mondiale svolgeva
volontariamente, per oltre 12 anni, l'alta ed ardua missione di
ricerca delle salme dei caduti di ogni nazione, disperse tra le
sabbie del deserto egiziano, incurante dei disagi, dei sacrifici
e dei rischi che essa continuamente comportava.
Con cosciente ed elevata preparazione tecnico-militare, coraggio
e sprezzo del pericolo, conduceva personalmente le ricerche tra
i campi minati ancora attivi, nel corso delle quali veniva
coinvolto per ben due volte nell'esplosione delle mine, a
seguito delle quali un suo gregario veniva seriamente ferito e
ben sei suoi collaboratori beduini perdevano la vita.
Grazie alla sua opera, oltre 1500 salme italiane disperse nel
deserto, unitamente a più di 300 di altra nazionalità, venivano
ritrovate e altre 1000, rimaste senza nome, venivano
identificate e restituite, con le prime, al ricordo, alla pietà
ed all'affetto dei loro cari. Inoltre, 4814 caduti riposano oggi
nel Sacrario Militare Italiano di El Alamein, da lui progettato
e costruito, a tramandarne le gesta ed il ricordo alle
generazioni che seguiranno.
Comandante, ingegnere, architetto, scrittore ed artista, più
volte decorato al Valore Militare, ha lasciato mirabile traccia
di sé in ogni sua opera, dalle quali è derivato un grande onore
all'Esercito Italiano, sommo prestigio al nome della Patria e
profondo conforto al dolore della comunità nazionale, duramente
provata dai lutti di guerra".
El Alamein, (Sahara Occidentale Egiziano), 1942-1962 |