ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALOR MILITARE

Carlo Alberto

Soprannominato “Italico Amleto” per le sue esitazioni, l’arcivescovo di Torino, Monsignor Franzoni,  che non ne era entusiasta, lo chiamava beffardamente “Cavolus Albertus”, tuttavia, il soprannome "il Magnanimo" appare in alcuni testi. Fu Settimo Principe di Carignano, re di Sardegna (1831-1849).
Carlo Alberto

Figlio di Carlo Emanuele 6°, principe di Carignano, che si "snobilitò" e passò dalla parte dei rivoluzionari, e di Albertina Maria Cristina di Sassonia, "pasionaria" della rivoluzione francese.

La morte prematura del padre e l'indifferenza della madre che si risposò con un conte segnarono la giovinezza di Carlo Alberto, trascorsa a Parigi tra la solitudine e le ristrettezze economiche.
   
Nel 1810 la madre l'inviò a Ginevra, presso il pastore Vaucher, nella speranza di farlo successivamente ammettere alla corte di Napoleone e fu propri in Francia che trascorse l'adolescenza e divenne sottotenente dei dragoni da Napoleone I .
   
Rientrò nei domini della sua famiglia dopo il Congresso di Vienna che lo riconobbe principe ereditario, la suo rientro a Torino, dopo il 1814, dovette "subire" l'educazione di due nuovi precettori, Filippo Grimaldi del Poggetto e poi Policarpo Cacherano d’Osasco di Cantarana, per scrollarsi di dosso le pericolose idee napoleoniche e per educarlo secondo tradizione sabauda. 

Fu il 30 settembre 1817 che, a Firenze, sposò Maria Teresa, donna fredda ed austera, Arciduchessa d’Austria, figlia di Ferdinando il Granduca di Toscana (figlio dell'imperatore Leopoldo II e quindi nipote di Maria Teresa d'Austria) dalla quale ebbe tre figli: :  Vittorio Emanuele (1820-1878) , suo successore, Maria Cristina (1826-1827), e Ferdinando, (1822-1855), duca de Genova, padre della regina Margherita.

Amò segretamente Maria Antonietta di Truchsess, dolce e remissiva, che prese come dama di compagnia della moglie e da cui ebbe un figlio, battezzato Carlo Felice. 
   
Siccome Maria Teresa era una "altezza reale" mentre lui era solo conte (figlio di un ramo cadetto dei Savoia), prima di salire al trono dovette subire molte umiliazioni: l'etichetta delle corti, infatti, non gli permetteva di entrare alle feste ed ai ricevimenti a fianco di sua moglie, prima veniva annunciata "Sua Altezza Reale l'Arciduchessa" e solo dopo il suo ingresso, Carlo Alberto poteva a sua volta essere annunciato "Conte".
   
Assunse un ruolo di primaria importanza nel 1821 quando in seguito all'abdicazione di Vittorio Emanuele I, divenne reggente per conto del nuovo re Carlo Felice in quel momento a Modena.

In questa occasione i liberali italiani che avevano promosso i moti nella capitale piemontese lo convinsero ad emanare, previa accettazione del sovrano, lo statuto che faceva diventare il regno di Sardegna una monarchia costituzionale sul modello di quella spagnola del 1814, che limitava il potere regio.
   
Subito Carlo Felice, sconfessò il suo operato:  “Se avete ancora una goccia di sangue reale sabaudo dovete partire per Novara e attendere ordini”, e chiese l'intervento austriaco per reprimere l'insurrezione.
   
La costituzione fu abrogata e Carlo Alberto fu "confinato" in Toscana, presso la corte del suocero Ferdinando III (in questo periodo è nata la leggenda della sostituzione del figlio Vittorio Emanuele, che sarebbe morto in un incendio, col figlio di un Macellaio). 
   
Qualche tempo dopo fu costretto a lasciare l'Italia e per assecondare la politica del Metternich combatté nella battaglia del Trocadero (1823) in Spagna al fianco delle truppe francesi che intendevano soffocare la rivoluzione liberale.
   
Questa operazione gli alienò le simpatie dei suoi amici precedenti, ma servì per ottenere la successione al trono con il favore austriaco (anche a seguito dell'impegno a non modificare la costituzione vigente) ) e, riconfermato erede, si impegnò a non modificare il regime assolutista del Piemonte.
   
Divenuto re di Sardegna si dedicò al riordinamento dello Stato, risanando le finanze, promuovendo lo sviluppo economico del Regno, riorganizzando l'esercito e dando impulso alle riforme amministrative. Inoltre stipulò un'alleanza con l'Austria.
 
Creò una Corte sontuosa, protesse gli artisti, fece erigere monumenti alla memoria dei suoi predecessori, rinnovò gli Ordini cavallereschi, il 29 ottobre 1831 fondò l'Ordine Civile dei Savoia e aiutò la Chiesa e contribuì a diverse beatificazioni.
 
Nei confronti dei movimenti rivoluzionari e libertari condusse una severa politica reazionaria e represse duramente la cospirazione della Giovine Italia (1833) firmando numerose condanne a morte.

Un primo tempo quindi tenne un atteggiamento conservatore e filoclericale simile a quello del suo predecessore facendo svanire le speranze di quanti credevano in lui ma dal 1843 assunse un atteggiamento più liberale aprendo il Piemonte ad un cauto riformismo sotto la spinta di personalità come Vincenzo Gioberti e Massimo D'Azeglio.

Iniziò a promuovere una serie di riforme miranti a rafforzare lo stato e a svecchiarne le strutture: riformò i codici, abolì i diritti feudali, diede impulso all'agricoltura e al commercio, permise le sviluppo di una vita politica in Piemonte, facilitò i congressi scientifici, fondò la biblioteca reale, il medagliere, la Galleria delle Armi (una collezione di armature dei secoli precedenti), la pinacoteca, l'accademia Albertina delle Belle Arti e la Deputazione reale della storia patria e nel 1846 costituì la Corte di Cassazione.

Fece anche abbellire il palazzo reale e l'abbazia di San Michele della Chiusa, (dove pensava di fare la necropoli dei Carignano).  
   
Fu amico dello storico Luigi Cibrario, degli scultori Marochetti e Pelagi che ornarono le piazze di Torino, del giurista Sclopis, e di molti intellettuali, tra cui Cesare Balbo, Cesare Alfieri di Sostegno e Massimo d’Azeglio. 
   
Tutte queste opere, promosse nonostante la giovinezza difficile, il carattere debole e la scarsa educazione ricevuta danno credito a due ipotesi:

1. forse aveva molte più doti di quanto facesse scorgere e la sua timidezza era solo apparente.

2. i suoi ministri e consiglieri, molto forti e autoritari, seppero imporgli una almeno discreta politica.

Sta di fatto che ogni volta che Carlo Alberto faceva qualcosa che potesse sembrare sia pur blandamente riformatore o antiaustriaco: le folle a Torino lo acclamavano, venivano esposte bandiere e stendardi inneggianti al re e al progresso e si organizzavano illuminazioni delle strade. 
   
A Carlo Alberto non piaceva l’Austria per i suoi trascorsi rivoluzionari ma aveva fatto voto di non cambiare il suo regno. Conosceva personalmente alcuni moderati che lo incitavano a cambiare ma esitava a dar loro retta.
   
Nel 1846 - 47 costituì la Corte di Cassazione, che sopprimeva i privilegi dei Senati, ridotti, di fatto, a Corti d'Appello, e dei Consigli.   
   
In questa stessa data fu adottato come bandiera il tricolore italiano che salvo l'eliminazione dello scudo sabaudo resta la bandiera dello stato italiano.
   
Un contrasto doganale con l'Austria, le pressioni nazionalistiche e liberali, e le riforme appena concesse dal neo eletto Papa Pio IX. (1848), lo spinsero, dopo mille esitazioni a concedere lo Statuto, una revisione della costituzione del '21, cui stava lavorando da una decina d'anni coi suoi consiglieri.
   
Si tratta di una costituzione concessa dal sovrano che, di propria iniziativa limita il potere regio, con l’aggiunta del primo articolo: "La religione cattolica apostolica romana è la sola religione dello Stato". (In quegli stessi giorni la Francia aboliva la "carte ottriée" del 1830)
   
Il suo nome è legato anche alla infruttuosa campagna del 1848-49 contro gli austriaci, guerra che sarebbe passata alla storia con il nome di Prima guerra d'Indipendenza
 
In questa occasione l'esercito del piccolo Regno di Sardegna, affiancato da un numero notevole di volontari, dichiarò guerra all'Impero Austriaco per liberare il Lombardo-Veneto a seguito delle rivolte scoppiate in quei territori e per prestare soccorso ai milanesi insorti durante le Cinque giornate di Milano (dal 18 al 22 marzo del 1848); il 24 marzo dichiarava guerra all'Austria ma era troppo tardi: i milanesi accolsero le truppe piemontesi con fischi e insulti. 
   
Subito da Napoli, da Firenze e da Roma arrivarono rinforzi che non furono debitamente valorizzati (Carlo Alberto non era interessato alla guerra federalista, approfittava di una guerra, come fecero i suoi avi, per ampliare il regno).  
   
Dopo una prima fase di vittorie e la conquista delle importanti piazzeforti di Pastrengo, Peschiera e Goito, la crescente ostilità del Papa e degli altri monarchi italiani contribuirono alla disfatta dell'esercito piemontese, che non più sostenuto se non da pochi volontari, venne sconfitto a Custoza il 25 luglio 1848.
 
Carlo Alberto abbandonò Milano e la Lombardia e  il 9 agosto 1848 comandò al generale Salasco di firmare l'armistizio che ne prese il nome Armistizio Salasco, o di Vigevano.

L’esercito piemontese era antiquato, più adatto alle parate e alla repressione che alla guerra, e, per di più era comandato da un generale slavo che parlava un italiano incomprensibile.
   
Un anno più tardi, Carlo Alberto intimorito dal crescente peso dei repubblicani, ripresa la guerra, il re combatté con valore, esponendosi personalmente al fuoco nemico (si dice che cercasse romanticamente la “morte gloriosa”) .
   
La pausa permise all'Austria di riorganizzarsi in vista della ripresa della guerra e l'esercito del maresciallo Radetzky sconfisse definitivamente quello piemontese a Novara il 23 marzo.
   
La sera stessa, Carlo Alberto abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele nella speranza di ottenere delle condizioni meno gravose e lasciò l'Italia verso l'esilio di Oporto sotto mentite spoglie di conte di Barge.
   
Morì dopo pochi mesi nel luglio dello stesso anno per il dolore e il suo corpo riposa nella basilica di Superga a Torino.